La mela, il sabotatore tranquillo e la regina matrigna…
Sapete che cosa hanno in comune Biancaneve e il pittore René Magritte? Sicuramente una certa “passione” per le mele! Possiamo dire, e leggendo scoprirete il perché, che questa è una storia di mele… e di sabotaggi.
Iniziamo dalla mela di Biancaneve: sicuramente ricorderete che la regina matrigna, gelosa della bellezza di Biancaneve, dopo molti tentativi di sbarazzarsi di lei escogitò un piano per “sabotare” una volta per tutte la serenità e la bellezza della bella fanciulla che a quel tempo era costretta a nascondersi nella casa dei sette nani con la raccomandazione di non aprire la porta a nessuno e di non accettare doni. Se potessimo chiedere a Biancaneve di pensare a un frutto sicuramente penserebbe alla mela avvelenata ricevuta in dono dalla matrigna, che la aveva fatta cadere in un sonno così profondo da farla apparire morta.
Ora lasciamo tranquilla Biancaneve, magari in attesa che un principe venga a svegliarla e occupiamoci di René Magritte. Nato in Belgio nel 1898 e figlio di un sarto, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Bruxelles. Dopo la scuola inizia a lavorare come disegnatore di carta da parati.
Come forse saprete esistono tanti modi di creare opere d’arte e questi modi, che possiamo chiamare “movimenti” o “stili” cambiano di epoca in epoca e anche a seconda delle preferenze degli artisti. Tanto per fare qualche esempio esistono l’impressionismo, l’espressionismo, il barocco, il rococò e tanti altri modi di dipingere e scolpire. Tra questi modi diversi Magritte scelse di partecipare al SURREALISMO, che è un movimento artistico e letterario (cioè un modo di dipingere, scolpire e scrivere) nato intorno al 1920 a Parigi e che si concentra sull’amore, sul sogno, sulla follia, e sulla liberazione dalle regole. Ascoltate queste frasi di René Magritte… riuscite a trovarci l’amore, il sogno, la follia o la libertà dalle regole?
– La realtà non è mai come la si vede: la verità è soprattutto immaginazione.
– I sogni non vogliono farvi dormire, al contrario, vi vogliono svegliare.
– La poesia è una pipa
– Il mio unico desiderio è quello di sentire il silenzio del mondo.
– La mente ama le immagini dal significato sconosciuto perché il significato della mente stessa è sconosciuto.
– Io utilizzo la pittura per rendere visibile il pensiero.
È proprio questa ultima frase di René Magritte che ci fa pensare a Biancaneve e al frutto che certamente è rimasto impresso nella mente della bella fanciulla. Nel quadro originale dal titolo “il figlio dell’uomo” Magritte doveva disegnare il proprio autoritratto, come gli era stato chiesto da un suo amico di nome Harry ma il nostro pittore capì sin da subito di non riuscire a disegnare il proprio ritratto se non in modo che fosse invisibile e quindi nascosto da qualcosa di visibile, in questo caso la mela che anche se “fuori posto” (che cosa ci fa una mela sospesa davanti al personaggio?) lo coprisse rendendolo misterioso. La mela ritorna spesso nei quadri di Magritte.
È un oggetto che stravolge la realtà che ci aspettiamo di vedere e crea stupore e disorientamento in noi, spettatori dei suoi quadri. In qualche modo la mela di Magritte sabota la realtà così come la mela di Biancaneve ha tentato
di sabotare la vita della fanciulla. Ma la mela di Magritte non è poi così velenosa perché non tenta di ucciderci ma ci incoraggia a cercare nella realtà il mistero, il sogno e un po’ di follia e dà agli oggetti la libertà di apparire
senza regole particolari. Per questo Magritte era soprannominato “il sabotatore tranquillo”. Questo “sabotaggio” della realtà Magritte lo aveva imparato proprio in un momento tra il sonno e la veglia, come lui stesso racconta: “Una
notte del 1936 mi svegliai in una camera in cui erano stati messi una gabbia e un uccello addormentato. Un magnifico errore mi fece vedere nella gabbia non più l’uccello, ma un uovo. Mi trovai in possesso di un nuovo segreto poetico
sorprendente, in quanto lo choc che provai era stato provocato proprio dall’affinità di due oggetti, l’uccello e l’uovo, mentre in precedenza avevo puntato sullo choc provocato dall’incontro di oggetti estranei fra loro”.
Prima di salutarti ti sveliamo ancora un segreto… Sai da dove viene la parola “sabotaggio”? Viene dalla parola Francese “sabot” che significa “zoccoli”. Ma cosa hanno a che fare gli zoccoli con il sabotaggio? La risposta è che quando sono nate le prime fabbriche e gli operai venivano trattati quasi come schiavi, per protestare mettevano gli zoccoli dentro i macchinari per bloccarli.
Ora tocca a te fare il sabotatore (“sabotatore tranquillo” come Magritte mi raccomando!) per sabotare la realtà lasciando liberi gli oggetti del nostro laboratorio di inserirsi indisturbati e misteriosi nella tua prossima opera d’arte! … e ricorda questa frase di René Magritte: “verità è soprattutto immaginazione”.