Pensare in grande!
Ovvero l’incontro tra la fiaba
“I vestiti nuovi dell’imperatore” e l’arte di Fernando Botero
È arrivato il momento di svelare come mai il cavaliere ritratto nel quadro ispirato a “Picador” del pittore Fernando Botero, sia tutto nudo.
Tutto comincia con una fiaba danese scritta da Hans Christian Andersen e pubblicata per la prima volta nel 1837, più o meno 100 anni prima della nascita del nostro pittore, nato infatti nel 1932.
Come forse saprete la fiaba, dal titolo “I vestiti nuovi dell’imperatore”, narra di un vanitoso sovrano che desiderava indossare di fronte ai suoi sudditi un abito bellissimo, tale da stupire e suscitare l’ammirazione del suo popolo.
Purtroppo il nostro imperatore si imbatté in un gruppo di sarti che lo ingannarono dicendogli che avrebbero cucito su misura per lui un abito che poteva essere visto solo da persone di indiscussa grandezza e che al contrario, aveva la caratteristica di risultare invisibile agli stupidi.
Fu così che mentre i sarti fingevano di cucire un vestito in realtà inesistente l’imperatore, terrorizzato al pensiero che non vedere quell’abito fosse conseguenza di scarsa intelligenza e di poca grandezza, finse di vedere l’abito e si convinse che l’abito esistesse e fosse magnifico.
Quando l’imperatore sfilò in pubblico con indosso solo l’abito inesistente (quindi completamente nudo!) il popolo, per paura di essere giudicato stupido, finse come lui di vedere il vestito.
Solo un bambino, che evidentemente pensava e vedeva in grande, ebbe il coraggio di gridare che il re era nudo, senza niente addosso.
Lo stesso coraggio dovette avere Fernando Botero quando, a soli 13 anni, pensò in grande e decise di diventare un artista.
Proprio così: a volte i bambini e i ragazzi sono più coraggiosi, sinceri e decisi dei grandi.
Volete sentire una curiosità? Anche Botero aveva qualcosa a che fare con i sarti: infatti anche la sua mamma cuciva ma lei cuciva davvero e lo faceva con grande abilità. Lo stesso Botero disse che cucire era l’arte della sua mamma e quell’arte fu molto importante per Botero e i suoi due fratelli perché quando Botero aveva solo quattro anni il suo papà mori improvvisamente e la mamma dovette lavorare sodo, con ago e filo, per mantenere i suoi tre figli.
Fernando Botero non cucì finti abiti per imperatori ma dipinse sia il Re di Francia Luigi XVI che la Regina Maria Antonietta immaginandoli in visita a Medellin, sua città natale, in Colombia. Non li dipinse nudi ma piuttosto “rotondetti”, come faceva con tutti i personaggi e gli oggetti dei suoi quadri. Nel quadro con il Re Luigi XVI è dipinta anche la mamma di Botero, una donna severa che però non aveva ostacolato il sogno di Fernando di diventare un artista, intenta ad osservare la scena attraverso una porta socchiusa. Botero racconta di voler dare risalto e importanza alle forme, sia perché lo ha imparato dai pittori rinascimentali, sia per contrastare attraverso una fantasia “grassottella” e voluminosa, la realtà spesso povera e “rinsecchita”. Durante un periodo in cui Botero andava dallo psicologo, si rese conto che disegnare quelle persone così “ingrossate” probabilmente era un modo per ricercare una figura “grandiosa” che era venuta a mancare molto presto: suo papà che, come già detto, morì quando Fernando aveva solo quattro anni.
Botero stesso disse un giorno: “Credo che l’arte debba dare all’uomo momenti di felicità, un rifugio di esistenza straordinaria, parallela a quella quotidiana. Invece gli artisti oggi preferiscono lo shock e credono che basti provocare scandalo. La povertà dell’arte contemporanea è terribile, ma nessuno ha il coraggio di dire che il re è nudo”.
Questo coraggio lo hanno avuto invece sia il bambino della fiaba e il nostro pittore, che a 13 anni aveva già deciso di fare l’artista e ha insistito nel seguire la sua passione anche quando i sui amici gli dicevano che non sarebbe arrivato da nessuna parte.