L’urlo di Cappuccetto Rosso

Questa storia inizia nel 1863 quando nella lontana Norvegia, una terra nel nord dell’Europa proprio sotto il Polo Nord, con montagne, boschi e ghiacciai, nacque Edvard Munch, il nostro protagonista. Da piccolo Edvard non sapeva certo che un giorno sarebbe diventato pittore come un suo vecchio antenato di nome Jacob. Edward aveva una sorella più grande e di lì a poco sarebbero nati altre due sorelle e un fratello. Nella sua città Edvard poteva scorrazzare nei boschi, proprio come Cappuccetto Rosso, giocare nella neve e correre lungo i fiordi, cioè dei lunghi canali naturali dove il mare, un tempo ghiacciato, s’infilava nella terra ferma come se volesse fingere di essere un lungo fiume. Ma l’infanzia del piccolo Edvard non fu sempre bella e gioiosa perché quando era ancora piccolo la sua mamma, la sua sorella preferita e suo fratello si ammalarono di tubercolosi e morirono. Potete immaginare la tristezza di Edvard, delle sue due sorelle rimaste in vita e del papà.

Non sappiamo se quando Edvard era bambino la mamma, il padre o forse la sorella maggiore alla quale era così affezionato, gli raccontassero delle storie, ma se qualcuno lo avesse fatto di certo tra quelle ci sarebbe stata la millenaria fiaba di Cappuccetto Rosso, che sin da tempi lontanissimi veniva raccontata a voce, e che nel 1697 lo scrittore Charles Perrault inserì nella sua raccolta di fiabe popolari “I racconti di Mamma Oca”.

Certamente la fiaba di Cappuccetto fa paura e non tutti sanno che ci sono versioni diverse di questa fiaba, non tutte con il finale felice dove Cappuccetto, la mamma, la nonna e il cacciatore sopravvivono sconfiggendo il lupo. Anche Edvard da bambino ha avuto tanti momenti tristi che l’hanno spaventato e fatto sentire solo e, in mancanza di un lieto fine, il nostro Edward si è dovuto inventare un modo per “imprigionare” la sua tristezza e le sue paure nei quadri che disegnava. Non è un caso se i primi quadri di Edvard illustravano la sua casa o altre case spoglie e povere come quella in cui era costretto a vivere con quello che restava della sua famiglia e con i pochi soldi portati a casa dal papà, che era medico, ma non guadagnava molto. In un altro quadro Edvard ha dipinto la sorella maggiore, la sua preferita, gravemente ammalata ma in alcuni quadri ha anche dipinto momenti più sereni e luminosi.

Nonostante tutte le disgrazie, infatti, Edvard era anche curioso e determinato e si mise a studiare e imparare diventando bravo in ingegneria, chimica e matematica anche se la sua vera passione rimase sempre l’arte. Suo padre se ne accorse e anche se avrebbe voluto un figlio scienziato, gli concesse il permesso di iscriversi a una scuola d’arte: la Scuola di Disegno di Oslo, città più importante della Norvegia, che all’epoca si chiamava Christiania. Edvard era un bravo pittore ma la sua bravura non era riconosciuta da tutti perché ai suoi tempi non si poteva dipingere come si voleva, ma c’erano tante regole da rispettare. Ad esempio alcuni maestri volevano che le figure si vedessero bene e non amavano i quadri dove le figure, lo sfondo e gli oggetti erano dipinti tutti con colori simili o i colori erano troppo poco vivaci. Alcuni esperti d’arte non capivano il modo di dipingere di Edvard ma altri riconobbero che Edvard aveva le proprie regole nel dipingere, regole nuove e interessanti che permisero al nostro giovane pittore di vincere un premio per andare a Parigi la città amata e visitata da tutti gli artisti più famosi. Quando era a Parigi Edvard dovette affrontare un’altra disgrazia. Seppe, infatti, della morte di suo papà. Forse questa triste notizia si mescolò, nella mente del nostro pittore, con un incontro impressionante che fece, sempre a Parigi, al museo Trocadero.

In questo museo, infatti, era esposta un’antica mummia peruviana la cui espressione spaventata assomiglia probabilmente alla faccia che deve aver fatto la nonna di Cappuccetto Rosso quando ha aperto la porta al lupo e all’espressione che deve aver fatto Cappuccetto quando stava per finire tra le fauci della bestiaccia affamata. Sembra che il volto della mummia abbia impressionato Edvard al punto di prenderne spunto, tempo dopo, in un suo famoso quadro dal titolo “l’urlo”.

Da Parigi Edvard proseguì il suo viaggio: la fama di Edvard arrivò anche in Germania e un altro famoso artista lo invitò a Berlino.

Fu proprio qui che Edward iniziò a imprigionare in un quadro la sua paura e il suo dolore causati da tutte le disgrazie che aveva incontrato nella sua vita. Per farlo gli serviva un ricordo… qualcosa che avesse intensamente vissuto e che si potesse in qualche modo disegnare. Non gli venne in mente la fiaba di Cappuccetto Rosso e non gli vennero in mente le persone della sua famiglia (forse perché preferiva ricordarle vive e vicine a lui). Pensò invece di dipingere in un quadro un momento di disperazione, solitudine e paura che visse qualche anno prima passeggiando con due amici lungo i fiordi. Edvard stesso racconta questo momento nel suo diario:

“Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto a una palizzata. Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare ed io tremavo ancora di paura… E sentivo che un grande urlo infinito invadeva la natura”.

Così come il lupo ha sorpreso Cappuccetto Rosso durante una spensierata passeggiata nel bosco, la paura ha sorpreso Edvard mentre passeggiava con due amici su un ponte lungo un fiordo. Per affrontare questa paura Edvard l’ha dovuta dipingere ben quattro volte, talvolta con i pastelli, talvolta con le tempere, in quattro quadri.

Se Edvard ha dipinto quattro volte il quadro dell’Urlo, noi che ti abbiamo raccontato la sua storia, abbiamo deciso di dipingerlo una quinta volta e magari anche tu, ora che conosci Edvard Munch, avrai voglia di disegnarne una tua versione personale. In questo modo anche le tue paure potrebbero essere tenute a bada in un quadro e guardando quel quadro potresti imparare a conoscerle meglio. Come avrai capito per dipingere la nostra versione dell’urlo abbiamo chiesto aiuto a Cappuccetto Rosso che di paura se ne intende e se ne intende anche di “rosso”, il colore che Munch ha associato alle fiamme e al sangue che ha creduto di vedere in un tramonto mentre passeggiava con due amici lungo un fiordo nella città di Oslo, un tempo Christiania, in Norvegia. E il lupo? Nel nostro quadro quel furbacchione ha deciso di seguire Cappuccetto indossando ancora la gonna della nonna e nascondendosi dietro a un giornale. Cappuccetto però ha sentito che quel tramonto così rosso e spaventoso la stava avvisando del pericolo. Oppure è l’urlo di Cappuccetto che ha fatto tremare il tramonto e l’ha riempito di rosso come il suo cappuccio?

Quello che è certo è che la paura è più forte se non riusciamo a darle un nome, un colore o una forma e le tante favole che conosciamo ci possono aiutare ad affrontare le nostre paure comportandoci un po’ come i loro protagonisti!


1893
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